sabato 23 settembre 2017

NEL 1926 L'AVIAZIONE CIVILE ITALIANA GIÀ SULLA VIA DELLE INDIE di Leonardo Algardi - Aeronautica Luglio/Agosto 1991

tratto da Aeronautica Luglio/Agosto 1991:


NEL 1926 L'AVIAZIONE CIVILE ITALIANA GIÀ SULLA VIA DELLE INDIE

di Leonardo Algardi

IL lO aprile 1926 un idrovolante Cant lO ter" inaugurava la prima linea aerea civile italiana in servizio regolare collegando Trieste a Torino via Venezia e Pavia. Compagnia esercente era la "Società Italiana Servizi Aerei" (SISA), frutto dell'iniziativa dei fratelli Cosulich, armatori di Trieste, che già nel 1921 avevano istituito con un idrovolante "FBA" un servizio di taxi aerei per dare agli ospiti di un Grand Hotel di Portorose, città allora in territorio italiano, la possibilità di compiere voli turistici locali.

Notevole il fatto che l'esercizio della prima linea aerea regolare sia stato iniziato in Italia ancor prima che fossero realizzate le necessarie infrastrutture: uno scivolo a Trieste presso il molo" Audace", un altro scivolo a Venezia a Sant'Andrea del Lido, un idroscalo su palafitte a Pavia, un quarto scalo per Milano, e uno simile a Torino sul Po.

Stando così le cose, ancor più notevole era il fatto che in quello stesso anno un'altra Compagnia, 1"'Aero Espresso Italiano" (AEI), avesse iniziato l'esercizio di un'aviolinea internazionale attraverso il Mediterraneo orientale da Brindisi ad Istanbul via Atene. Era evidente che gli idrovolanti dell"'AEI" tendevano ad avvicinare la penisola alla corrente di traffico aereo che dalla Grecia e dalla Turchia si irradiava attraverso gli Stati balcanici verso i territori del vicino e medio Oriente asiatico.

Nel 1930 venne compiuto un altro passo avanti verso le vicine aree dell'Oriente e fu allorché la linea iniziata nel 1926 dall"'AEI" sul percorso Brindisi-Istanbul venne diramata ad Atene per Rodi, nel Dodecaneso, allora appartenente all'Italia.

Per incoraggiare la clientela a recarsi nelle isole italiane dell'Egeo e in Turchia, nel 1933, per la prima volta da quando erano in funzione i servizi civili, fu organizzata in Italia una serie di crociere aeree turistiche. Con una spesa variante da mille lire per cinque giorni a duemila per due settimane ci si poteva recare a visitare attraverso le vie dell'aria le principali città del Levante soggiornando in Hotels di lusso. Approvate dal Ministero dell' Aeronautica, le crociere venivano effettuate sulle linee Brindisi-Rodi e Brindisi-Istanbul, entrambe via Atene, e sulla linea Rodi-Istanbul, tutte esercite dell'''AEI''. Le crociere erano organizzate dalle tre più importanti

Agenzie di Viaggi e Turismo operanti allora in Italia: la "Compagnia Italiana Turismo" (CIT), “L’American Express" e 1~ "Wagon-Lits Cook". Dette crociere svolgevano tanto con partenza dall'Italia per la visita alle principali città de, Mediterraneo orientale e di Rodi, la perla dell'Egeo, come pure con partenza da Rodi, dalla Grecia e dalla Turchia per !G visita di Napoli e di Roma. Tanto in Italia che all'estero le iscrizioni furono numerose e moltissimi turisti presero parte con grande interesse a tali viaggi.


Durante i sette anni in cui Italo Balbo fu responsabile dell'aviazione civile italiana, prima come Sottosegretario di Sta all'Aeronautica negli anni dal 1926 al 1929, poi come Ministro dell'Aeronautica dal 1929 al 1933, egli dopo avere istituito le prime aviolinee interne nel nostro Paese e creato un primo embrione di rete aerea nazionale, aveva affrontato il problema dei collegamenti internazionali con l'Europa e, particolarmente, nel bacino del Mediterraneo. Mentre Gran Bretagna, Francia e Olanda stavano creando collegamenti aerei con le proprie colonie e i propri possedimenti rispettivamente in Africa e in Asia, anche l'Italia aveva buone ragioni per collegare le terre d'oltremare alla Madre Patria attraverso le vie dell'aria, lungo le quali già il 2 ottobre del 1928 lo stesso Balbo, aveva compiuto di persona un volo sperimentale con 14 passeggeri sull'istituenda linea aerea regolare Roma- Tripoli.
 Lo scalo di Istambul dell' Aero Espresso Italiana

Per poter riuscire ad inserire l'Italia nel sistema aereo mediterraneo, nello stesso 1928 Balbo aveva dovuto venire a patti con i francesi e con gli inglesi. L'accordo portò nel marzo del 1928 ad una reciproca concessione per cui, mentre la Francia accordava all'Italia i diritti di atterraggio a Marsiglia e a Tunisi, l'Italia accordava alla Francia i diritti di scalo a Napoli e a Castelrosso, nel Dodecaneso, (le isole italiane dell'Egeo). L'accordo con gli inglesi porò nel marzo del 1929 alla possibilità per l'Italia di istituire un collegamento aereo con l'Egitto, aprendo una linea che da Genova portava ad Alessandria con scali intermedi a Roma e Napoli. L'esercizio da questa nuova linea, - che con i suoi 2.900 chilometri di percorso era la più lunga servita da idrovolanti -, attraverso il Mediterraneo centro-orientale, fu assunto da una terza Compagnia italiana, la "Società Aerea Mediterranea" (SAM).

Quando nel 1933 la "SAM" - che delle Compagnie di navigazione aerea operanti allora in Italia era la più importante - assorbì le Compagnie minori, provvedé, sempre nell'intento di spingersi verso Oriente, ad organizzare un proprio sistema di servizi aerei articolandoli in più reti, una delle quali fu chiamata "Rete del Levante", mentre a quel punto i vecchi "Cant" erano sostituiti da idrovolanti trimotori "Savoia Marchetti S. 66", con capacità di trasporto per 18 passeggeri.


Da questa cartina, che data dal lontano 1919, emergevano già le direttrici dei traffici della Gran Bretagna al vicino Oriente attraverso la penisola italiana.


Venendo i percorsi delle linee aeree verso l'Est a svilupparsi sempre più, si presentò ben presto il problema di guadagnare tempo facendo volare gli apparecchi anche di notte. Così, se da una parte si era nel giusto sostenendo che senza il volo notturno il mezzo aereo avrebbe perduto nella notte il tempo guadagnato di giorno di fronte ai treni e alle autocorriere, dall'altra si argomentava che sarebbe stato sufficiente che i principali aeroporti fossero stati dotati di un proprio ufficio postale perché il servizio diurno potesse portare dei reali vantaggi al pubblico. Ma a che cosa avrebbe servito una simile innovazione dal momento, tanto per fare un esempio, che il treno in partenza la sera da Milano giungeva alla stazione Termini di Roma alle 7,50 mentre l'aereo per Brindisi lasciava l'aeroporto del Littorio alle ore 7? "Gli apparecchi non debbono cessare la loro attività al calare del sole, come fossero dei gallinacci, .. " - si diceva. In più, si sosteneva ancora, non sempre si sarebbe trattato di restare in volo dalla sera fino alla mattina. Comunque, l'illuminazione delle rotte degli aeroporti avrebbe reso agli orari il loro respiro, Non mancava, per altro, chi ribatteva che la dislocazione di fari lungo le rotte e l'illuminazione degli aeroporti stavano per essere superati dall’avvento del volo cieco e della radiogoniometria, La maggiore spesa per il volo notturno si sarebbe quindi limitata alle infrastrutture ed a un'integrazione delle opere già esistenti o comunque necessarie per l'esercizio, Al che si sarebbe contrapposto l'incremento del traffico, derivante da sicure coincidenze e dalla maggiore utilità del servizio, nonché la possibilità di realizzare collegamenti che diversamente non sarebbero stati effettuabili.
Un'inserzione del 1934 dell' Aero Espresso Italiana

Uno dei primi servizi aerei notturni realizzati in Italia in via regolare è stato quello da Venezia a Brindisi lungo il litorale adriatico della penisola: la linea, aperta nel 1929, durò quattro anni e la frequenza era trisettimanale.

Con lo sviluppo che i servizi aerei stavano prendendo, le Ferrovie dello Stato, trovatesi nell'impossibilità di fronteggiare la concorrenza dell'aviazione civile, finirono per comprendere l'utilità di addivenire ad una cooperazione tra i loro rispettivi mezzi di trasporto, 1112 aprile 1934 iniziò, così, un servizio notturno con il treno che, proveniente da Roma, poté arrivare a Brindisi in tempo utile per la coincidenza con le linee aeree inglesi per il Cairo e oltre, A Roma era giunto un vagone dell"'Imperial Airways" che, attaccato al treno di Parigi, portava una diecina di viaggiatori e circa 500 chilogrammi di posta, diretti appunto a Brindisi per proseguire per via aerea,

Anche la Direzione Generale della Marina Mercantile presso il Ministero dei Trasporti, interessata dalla Direzione Generale dell' Aviazione Civile presso il Ministero dell' Aeronautica, stabilì nella primavera del 1934, d'accordo con il Governatorato di Rodi, di modificare l'orario della linea marittima Rodi-Alessandria d'Egitto, in modo da metterla in coincidenza con l'aereo dell"'Aero Espresso Italiana" proveniente da Brindisi, Di conseguenza, fin dai primi di aprile l'intera arteria aeromarittima Brindisi-Alessandria via Rodi poté funzionare regolarmente,

Quando nel 1934 si addivenne alla concentrazione di tutte le Compagnie italiane di navigazione aerea (1) - ad eccezione della " Avio Linee Italiane" (ALI) (2) - in una nuova Compagnia nazionale di bandiera, 1"'Ala Littoria", alla Rete del Levante fu data sede a Brindisi, da dove continuarono a dipartirsi i due servizi rispettivamente per Rodi e per Istanbul,entrambi via Atene, .



(1) "SAM" (Società Aerea Mediterranea) per la linea Roma-Cagliari e Brindisi-Valona servita la prima con bimotori "S,55" e la seconda questi stessi velivoli e da trimotori "Cant 22"; "SANA" sulla Roma-Tripoli e Roma- Barcellona (idrovolanti quadrimotori "Dornier Superwall").

(2) Emanazione della Fiat, entrata in esercizio in aggiunta alle due succitate, nel 1928 sul tratto Milano-Monaco e Roma-Milano (trimotori "Fokker"), (N,d,r,),


La linea per Alessandria d'Egitto, invece, che aveva funzionato, d'accordo con la "Imperial Airways", come tronco del grande servizio aereo intercontinentale britannico per le Indie Inglesi, cessò di funzionare quando la Compagnia inglese fu in grado di esercire tale tronco in maniera autonoma.

* * *

Non per questo, però, l'Italia desistette dai suoi propositi di istituire propri collegamenti aerei con l'India e il continente asiatico. Tali progetti, infatti, non si limitavano al vicino e medio Oriente, ma si spingevano fino all'Estremo Oriente, L'idea di un servizio aereo commerciale italiano attraverso l'Asia meridionale o centrale veniva considerata in rapporto al diverso grado degli interessi di vario genere che il nostro Paese poteva avere nei confronti degli altri Paesi toccati da questa grande via di comunicazione aerea intercontinentale. Per quanto riguarda l'aspetto geografico della rotta si osservava che il massiccio del Tibet divideva nettamente in due parti, a guisa di gigantesco spartiacque, l'immenso Continente attraversato, per cui i Paesi posti ad Ovest di esso vengono - per razza, economia e civiltà - orientati verso il Mediterraneo, mentre gli altri gravitano verso l'oceano Pacifico. Questa sintetica visione della rotta indica quale fosse il primo passo da compiere da parte dell'Italia: limitare cioè, in un primo tempo, il servizio aereo ai soli Paesi che formavano unità economica con il bacino del Mediterraneo e quindi con l'Europa, riservando ad un secondo tempo la collaborazione con gli altri servizi aerei per il prolungamento dellajlinea italiana fino all'Estremo Oriente.


Ciò sarebbe stato possibile qualora fosse stato consentito anche all'Italia di costituire solide basi di attività aeronautica in quel grande serbatoio di uomini, di possibilità economiche e di traffico che era fin da allora la Cina e se si fosse potuto arrivare ad intese di intensa cooperazione con l'aviazione civile sovietica per il tronco di saldatura al versante estremo-orientale e con la Compagnia cino-tedesca "Eurasia" per affacciarsi al Pacifico attraverso la Mongolia e la Cina,

Considerando i diversi Paesi del vicino Oriente asiatico, si constatava che essi formavano una unità economica tendente nel suo assieme verso il bacino del Mediterraneo e per esso verso l'Europa occidentale. Uno sguardo all'andamento generale delle grandi vie di comunicazioni interessanti questo complesso di Paesi mostrava infatti come l'Afghanistan, la Persia, l'Iraq, la Siria, la Palestina e la Turchia, gravitavano tutti verso il Mediterraneo. Questi Paesi, retti allora da Governi forti se non dittatoriali, erano in periodo di promettente sviluppo e di rapida occidentalizzazione, favoriti l'uno e l'altra dalla valorizzazione e dal conseguente sfruttamento delle risorse locali, da dove derivavano benessere generale e stimoli al miglioramento del tenore di vita, che si appalesavano nell'ambizione di godere di tutto ciò che di più confortevole e di più pratico la civiltà occidentale poteva offrire. Qualora si fosse osservato lo spirito dei rapporti fra l'Italia e il vicino e medio Levante asiatico, si sarebbe subito veduto come vi fosse un costante miglioramento, dovuto a fattori vari, fra i quali particolarmente importante quello costituito dalle aumentate possibilità di assorbimento ed alla capacità di consumo dei vari Paesi.
L'"I-ALGA" uno degli idrovolanti trimotori "S.66" dell'Ala Littoria adibito nel 1034, alle linee del Mediterraneo Orientale.

L'Italia già godeva di grande prestigio nel vicino Oriente per la sua Marina mercantile, che vi aveva conquistato una delle prime posizioni fra le bandiere presenti, e maggior prestigio avrebbe acquisito quando con una propria linea aerea civile avesse sorvolato regolarmente quei territori, rendendo facili i trasporti dove prima erano difficoltosi. Non bisogna infatti dimenticare che per l'intero corso della rotta dal Mediterraneo al Pacifico attraverso l'Asia centrale le strade erano allora allo stato primitivo, di cui molte a fondo naturale, spesso attraversanti zone desertiche o battute da predoni. Quando si pensi, ad esempio, che per raggiungere Teheran, la Capitale della Persia, dalle coste Mediterranee occorreva circa una settimana di movimentato trasporto automobilistico su strade mal tenute, attraverso località difficili, sotto un sole torrido, si comprende quale enorme beneficio avrebbe rappresentato una linea aerea che a percorrere la stessa distanza avrebbe impiegato appena una notte oppure l'intervallo di tempo che trascorre fra il sorgere e il calar del sole. E si comprende, inoltre, come in questi Paesi, dove all' epoca era ancora diffuso il brigantaggio, il mezzo aereo avesse in sé non soltanto il vantaggio della velocità, ma anche quello di una maggiore sicurezza.

Contrariamente a quanto avveniva nelle regioni più evolute, dove la coesistenza degli altri mezzi di trasporto faceva sì che quello aereo non fosse che un settore voluttuario nel sistema delle comunicazioni, in tutti i Paesi del vicino e medio Levante asiatico il mezzo aereo era da considerarsi invece come un genere di prima necessità. Ciò specialmente per quanto riguardava la posta e . in secondo luogo per il trasporto delle persone e di merci pregiate perché costose o deperibili, Le altre merci potevano seguire, a seconda dei casi, la via marittima, meno dispendiosa, o le vie di terra, l'una e le altre ugualmente gravitanti verso il Mediterraneo, tanto che venisse seguita la via del mar Rosso come quella del Golfo Persico, i quali bacini potevano considerarsi, nei confronti dei traffici, un prolungamento del Mediterraneo stesso.

È risaputo che i mercati si accaparrano con la istituzione, là dove non esistano, e con il costante miglioramento, là dove esistano, di proprie vie dirette di comunicazione. Così si era verificato per la marina mercantile, così si verificò per l'aviazione civile, il mezzo più moderno, specie presso le genti primitive, per la penetrazione e l'affermazione della bandiera commerciale di un popolo presso gli altri popoli. Ciò è tanto più vero ove si consideri che le navi devono arrestarsi di fronte alle coste delle nazioni, mentre l'aeroplano penetra e può sorvolare i punti meno accessibili dell'interno,

L'istituzione di una linea aerea attraverso i Paesi del Levante asiatico, anche se non avesse reso grandi benefici immediati, sarebbe stata compensata in breve con il prestigio morale, la pacifica penetrazione e l'accaparramento dei mercati,

Collegando alla propria rete aerea già esistente nel Mediterraneo la nuova linea Bagdad - Teheran - Kabul, l'Italia avrebbe apportato un sensibile contributo al processo di valorizzazione di nuovi promettenti Paesi del Continente Giallo,

Leonardo Algardi

lunedì 4 settembre 2017

ARMANDO PALANCA

tratto Da "Aeronautica"  Novembre 1989:
 
ARMANDO PALANCA 
Il Veivolo "AC2"


Non c'è uomo che, militando nelle file della nostra aviazione dal 1930 al 1970 non abbia conosciuto di persona, o almeno di nome, Armando Palanca, un tecnico di notevole talento giunto felicemente di recente al traguardo degli ottanta anni.

Nel formulare all'amico Palanca i più fervidi auguri, ci sembra doveroso ricordare in detta occasione - e siamo lieti di farlo - tal uni segmenti della sua vita completamente e meravigliosamente dedicata all' Aeronautica.

Arruolatosi nella R.A. il 6 febbraio del 1925 quale allievo motorista di volo, Armando Palanca viene assegnato nel giugno del 1926 all'8° Gruppo Caccia di Mirafiori, mettendosi subito in luce nel generale contesto dell'intenso lavoro di strutturazione ordinativa, tecnica, operativa e amministrativa che in quel momento l'aviazione militare, divenuta Forza Armata autonoma da appena un triennio, sta affrontando. 

Trasferito nel 1928 al Reparto d'Alta Velocità di Desenzano sul Garda; congedato per fine ferma nel 1931 ed entrato a far parte del personale civile dell'Aeronautica con la qualifica di Capotecnico, egli è nel 1936 presso la Direzione delle Costruzioni Aeronautiche di Milano e nel 1938 in Brasile come istruttore degli equipaggi di tale nazione montati su "SM 79".

Richiamato, quindi, alle armi nel maggio del 1940 passa di incarico in incarico, tutti di grossa responsabilità, meritando si tra l'altro nel 1942 la promozione a Sottotenente del Ruolo Specialisti per merito di guerra.

Combattente della guerra di liberazione, Armando Palanca è, quindi, Sindaco di Appignano nel 1944-45 e, dismessa il 2 settembre del 1947, l'uniforme azzurra, è nominato, dapprima, Direttore Tecnico della "L.A.T.I." (Linee Aeree Transcontinentali Italiane) e, nel 1952, capo Servizio Tecnico operativo dell'" ALITALIA", che lascia venti anni dopo per raggiunti limiti d'età.

Rilevanti in ognuna di queste sue "tranches" aeronautiche i contributi dati da Palanca - e che noi qui riassumiamo - quale inventore e preparatore tecnico.

1926. Modifica, coronata da un pieno successo, al carburatore dei motori "Hispano-Suiza" installati su gli aeroplani "CR 1" e "AC 2".

1929. Invenzione di uno speciale apparato di "rinvio per comando direzionale", che verrà applicato ai velivoli ad alta velocità "M 39", "M 52", "M 67" e "MC 72".

1931. Brevetto di "perfezionamenti ai dispositivi di carburazione per motori a combustione interna" che saranno integralmente apportati al motore "Fiat A.S. 6" dell'idrocorsa "MC 72": apparecchio che doveva conquistare 1'8 ottobre del 1933 il primato internazionale di velocità sui 100 Km. (619,370 Km./h.) unitamente alla "Coppa Blériot" (619,374 Km./h. su un tratto di 327,616 Km.)e, i123 ottobre del 1934, il primato mondiale assoluto di velocità (709,209 Km./h.), con il M.llo Francesco Agello.

1932. Realizzazione, in collaborazione con il Col. Bernasconi, di un'elica "con fessure anticavitanti" per aerei veloci muniti di motori non predisposti per il comando variabile del passo dell' elica.

1936. Ideazione di un nuovo metodo (che, sotto il nome di "Drop", verrà adottato da tutti gli aerei del mondo equipaggiati con motori alternativi) per la perfetta regolazione del titolo di carburazione.

1937. Preparazione degli "SM 79" destinati alla gara internazionale Istres-Damasco-Parigi, vinta dall'Italia (l 0,20 e 30 posto) e alla quale, altresì, Palanca partecipa direttamente, al fianco del Magg. Lippi e del Cap. Castellani.

1938. Messa a punto dei tre "SM 79" che effettueranno il raid Roma-DakarRio de Janeiro e dei velivoli adibiti alla linea civile Roma-Siviglia-Villa Cisneros-Isola del Sole-Recife-Rio de Janeiro.

1939. Lavoro analogo a quanto sopra su un "SM 75 PD" che, al comando del Ten. Col. Tondi, si aggiudicherà il primato mondiale di distnza (Km. 12.935 coperti in 52 h. e 32').

1942. Controlli su un altro "SM 75 PD" che verrà impiegato per il volo Roma-Bengasi-Asmara-Roma,avendo per piloti il Col. Paradisi e il Cap. Magini - Idem sempre su un velivolo dello stesso tipo, utilizzato per un collegamento con il Giappone (equipaggio T. Col. Moscatelli, Magg. Curto, Cap. Magini, S. Ten. Mazzotti, M.llo Leone) sul percorso Roma-Saporoshie-Pao Tow Cen-Tokio-Pao Tow Cen-Odessa-Roma, e cui Palanca interviene di persona sino a Saporoshie, allo scopo di regolare in tale base russa, ma in mano tedesca, il titolo di carburazione con il carburante ivi esistente - Progettazione di uno strumento per aerei da caccia e d'assalto in grado di indicare istantaneamente al pilota i parametri ottimali per il comando del mezzo in qualsiasi condizione e a qualsiasi quota - Attività ispettiva presso le Ditte "Fiat", "Alfa Romeo" e "Piaggio" impegnate in un programma di sviluppo di motori d'avanguardia con compressore a più velocità e per il rilevamento in volo delle caratteristiche dei velivoli sperimentali.

AERONAUTICA
1943. Brevetto di uno speciale carburatore per motori "Fiat" e "Piaggio" montati su apparecchi da caccia e d'assalto - Collaborazione alla costruzione di uno speciale velivolo ("SM 95"), progettato per portarsi con un volo senza scalo sulla città di New York (missione, poi, abortita, per le vicende dell'8 settembre).

1946. Realizzazione, onde cercare di aumentare la quota di tangenza degli aeroplani da trasporto - come da richiesta del Capo di Stato Maggiore dell' Aeronautica, Gen. Aimone Catdi un dispositivo d'installazione dei turbo compressori degli aerei americani "B 24" (i noti "Liberator") sui motori di un "SM 82", che in un volo di collaudo raggiunse in atmosfera standard i 10,500 m.

1952. Elaborazione di un nuovo sistema per la pianificazione dei voli di linea dell'aviazione civile su qualunque percorso, a qualunuqe quota e alle condizioni della "massima efficienza globale", subito adottato dall'''Alitalia" .

Questo Armando Palanca. Una presenza aeronautica, per ben 47 anni, e durante i quali si è avuto il rivoluzionario avvento della propulsione areazione, di una straordinaria operosità, eccezionale genialità e sorprendente intuito; ed, in pari tempo, espressione emblematica dell'intera schiera dei nostri specialisti di volo e d'hangar che, per la loro capacità, creatività, impegno, tutto il mondo ci ha sempre invidiato e ci invidia.

Marco Tiberi

venerdì 1 settembre 2017

... GIRA GIRA L'ELICA ROMBA IL MOTOR QUESTA È LA BELLA VITA DELL'AVIATOR ...

Tratto Da:  Aeronautica Mensile Aprile 1984

LE AVVENTURE DEL CIELO

... GIRA GIRA L'ELICA ROMBA IL MOTOR QUESTA È LA BELLA VITA DELL'AVIATOR ...

di Romolo Ballestra



Sono della classe 1909 e in questi ultimi anni di pensionato ritorno sovente con il pensiero a quella che fu la mia passione: l'Aviazione. Nel 1917 la mia famiglia abitava nella Val di Chiana ed a Foiano della Chiana (Arezzo) esisteva un Campo Scuola. Qualche volta vedevo i piloti, vestivano l'uniforme dell'Arma di origine, ma avevano come distintivo una bella elichetta d'aeroplano dorata, appuntata sul fregio del berretto. Li ammiravo molto. Nel 1925 mio padre andò in pensione e ci ritirammo ad Ancona.
Non mancavo mai di andare all'Idroscalo quando arrivavano gli idrovolanti, restavo lungamente a guardarli, ad osservarli nei loro particolari, ma soprattutto sognavo una cosa straordinaria: diventare pilota. Finalmente nel 1926 uscì un avviso di arruolamento per Sottufficiali Piloti nella R. Aeronautica ed io ne avevo i requisiti. Pertanto domandai a mio padre che mi facesse la domanda, l'autorizzazione ed i certificati. « No - mi rispose - è troppo pericoloso, vuoi andare a morire?», Ma io non desistetti e per due mesi assediai mio padre e mia madre con le mie insistenze, il momento favorevole era l'ora del pranzo e i miei genitori mangiavano bocconi amari, finché mio padre esasperato mi gridò: « Basta! Ti farò la domanda e il resto». Fu tutto fatto in regola e la domanda spedita, ma un giorno mio padre aprì con la chiave la cassetta delle lettere, ne ritirò la convocazione della R. Aeronautica, se la mise in tasca e non disse niente a nessuno. i giorni passavano ed ora a tavola mi lamentavo che la « chiamata» non arrivava. Mio padre taceva. Qualche volta insinuava: « Devi pensare che è molto difficile entrare nell'Aviazione »,

Nel frattempo uscì un avviso di arruolamento per la R. Marina e il mio astuto padre mi disse: « Aspettando che ti arrivi la chiamata per l'Aviazione, fai la domanda per la Marina, se non potrai entrare nell'Aviazione potrai arruolarti nella Marina». Lo accontentai e per cinque anni feci il Timoniere nella R. Marina.

Nel 1935 mio padre morì ed ereditai le sue economie. Ne approfittai subito per iscrivermi alla Scuola di pilotaggio dell' Aeroclub di Ancona. Ma mi occorreva anche il tempo disponibile per frequentare la Scuola ed io dovevo rispettare l'orario d'ufficio dove ero impiegato.

I miei superiori non volevano derogarne, ma io insistetti, mi destreggiai, ed ottenni di compensare il tempo perduto la mattina, lavorando la sera fino a notte tarda. Ma le difficoltà maggiori erano sul Campo di Falconara che solo per una piccola pioggia si trasformava in una distesa di fango denso e colloso. Le ruote dell'AS-1 scagliavano quel fango sull'elica, che si spaccava. Ne cambiammo tre.

la R. Aeronautica trasformò l'hangar in un suo deposito e mise alla porta il nostro apparecchio. L'istruttore lo ricovero nell'hangar per dirigibili di lesi. li tempo perduto era enorme. Decisi di passare alla Scuola di Ravenna. Battagliai di nuovo con i miei superiori ed ottenni che per tutto il tempo che sarei stato assente mi sarei fatto rimpiazzare da un disoccupato al quale passavo la mia intera paga. Nella Scuola di Ravenna con un Breda 15-S ottenni il brevetto di pilota civile di 1° grado il 21 marzo 1936. Feci subito domanda alla R. Aeronautica per conseguire il brevetto militare. Fui richiamato ilI" giugno 1937 e assegnato alla Scuola di Cameri. Ottenuto il brevetto, passai per allenamento alla 113" Squadriglia O.A. Il Campoformido. Cercai di restare in servizio ma non era possibile ed il 30 novembre 1937 fui messo in congedo.

Nei primi mesi del 1938 la R. Aeronautica arruolava Sottufficiali Piloti per l’A.o.I. ma: « con mansioni di governo e trattamento economico relativo ». Feci senza gioia, la domanda ed il 3 maggio 1938 m'imbarcai per l'Africa. Ma il cuore non c'era, non ero un vero pilota e ne soffrivo, la disciplina ne risentiva.

Arrivò il lO giugno 1940, a Gura venne istituita una Squadriglia Scuola per allenare i piloti richiamati e quelli in servizio con mansioni di governo, per poi passare alle Squadriglie Operative. Ma venni a sapere con amara sorpresa che alcuni piloti con mansioni di governo, tra i quali anche io, facenti parte del Comando Settore Nord sarebbero rimasti in ufficio, ed avrebbero percepito ugualmente l'indennità di volo. Questo non era nel mio ideale, quindi andai subito dal Comandante del Reparto Servizi e gli dissi che volevo andare alla Squadriglia Scuola. L'Ufficiale, un brav’uomo che conoscevo bene, mi rispose: « La prendi l'indennità di volo?"

“Sì" - « Resta tranquillo dove sei ». Insistetti, ma non ottenni nulla. Dovevo puntare più in alto. Sull'attenti, con un bel saluto, fermai il Colonnello, che curvò un po' la sua alta persona per ascoltare il Sergente. Fu gentile, sorrise, e il dialogo [u il medesimo. Allora giuocai l'ultima carta: mi munii di un foglio di carta bollata da tre lire e lo intestai: « Al Comando... ecc. ecc.". Rispettosamente ma con fermezza rinnovai la mia domanda, scrivendovi che ero pilota e volevo combattere come pilota. Lo portai al Comandante del Reparto Servizi. L'anziano Capitano, un po' divertito, un po' imbarazzato, mi disse paternamente: « Ma ti rendi conto di quello che fai?". Ma tenni duro e cortesemente sorridendo anche io della mia trovata. ribattei: « Ho fatto una regolare domanda in carta bollata, desidero che faccia il suo corso". - « Va bene". rispose paziente. Due o tre giorni dopo il testardo Sergente venne spedito alla Squadriglia Scuola,

Arrivai a Gura quando la maggior parte dei piloti era già stata istruita, ne restava un modesto gruppo. In verità in A.o.I. non c'era molto bisogno di piloti: i pochi S79 avevano i loro piloti di carriera e noi richiamati, un po' anziani, eravamo destinali a fare i secondi piloti sui vecchi Caproni 133. La Squadriglia Scuola sonnecchiava, i doppi comandi (quando si facevano) si prolungavano nel tempo, noi eravamo gli ultimi da istruire ed era logico che partiti noi la Squadriglia Scuola non aveva più ragione di esistere, e questo non era negli interessi di certe persone. Si trovava la scusa che non eravamo pronti. Passavano i giorni, le settimane ed anche i mesi, finché un giorno il Comandante, un Tenente richiamato, ebbe un incidente e dovette restare lungamente in cura. Arrivò un momento che non ne potei più: andai al Comando e domandai di parlare al Comandante dell'Aeroporto,

Il Colonnello Brach-Papa mi ricevette facilmente. Seduto dietro scrivania, serio, attento, mi ascoltò senza mai interrompermi e quando ebbi finito mi disse con tono deciso

“ Domani mattina ti provo io, fai preparare l'apparecchio e quando sarai pronto fammi avvertire “ “Grazie Signor Comandante".

La mattina dopo, all'ora dell'inizio dei voli era tutto pronto. Feci avvertire il Colonnello. Venne subito, Montammo  a bordo, ma i suoi galloni mi impressionavano non poco. Decollai feci il mezzo giro e mi presentai con precisione all'atterraggio, ma al momento di richiamare sentii resistenza  nel volantino, detti un colpo d'occhi; a sinistra e vidi le mani del Colonnello che stringevano con forza il suo volantino, io intimidito, non insistetti troppo sul mio, cosicché l’atterraggio lo fece più lui che io. Rullai fino alla Squadriglia, ero disperato Quando il motorista arrestò i motori e si poté parlare, attesi la sentenza. Ma il Colonnello forse lesse l’angoscia sul mio volto, mi tranquillizzò: “ Non c'è male, ma sarà meglio che tu faccia ancora un paio di doppi comandi, dopo, riproveremo_ - « Grazie Signor Comandante". Feci quanto ordinato e due giorni dopo riprovammo. Ma questa volta pilotai con decisione, pensai fermamente che ero io il pilota e alla fine il Colonnello mi disse: « Bene, puoi andare in Squadriglia". - “Grazie Signor Comandante ».

L’11 gennaio 1941 fui assegnato alla 18a Squadriglia di Ca 133 a Dessie. Feci il viaggio con un altro Sergente Pilota richiamato che una volta mi disse tristemente: « Non me la sento di morire su un Caproni ». Non gli risposi, io mi accontentavo di  un Caproni.

In Squadriglia feci l'allenamento Poco dopo gli Inglesi iniziarono 1’offensiva decisiva che doveva portare alla caduta dell’A’O.I. e noi ricevemmo l'ordine di bombardare la colonna nemica che scendeva dal Nord. La 18a Sq. radunò le sue ultime forze: tre apparecchi. lo ero il Secondo Pilota del Capo formazione, il Tenente Pasetto. Ci portammo ad Asmara che doveva essere la nostra base operativa e il giorno dopo decollammo da quell'Aeroporto carichi di bombe. Il Tenente mi passò i comandi, mi dette la rotta e la quota: 900 metri. Ero contento: ero pilota in missione di guerra, dopo tanti anni e tanti ostacoli, avevo realizzato il mio sogno. Giunti sull'obbiettivo l'Ufficiale riprese i comandi e fece sganciare. Non ci fu reazione nemica e la missione terminò senza storie.

La mattina dopo, 22 gennaio 1941, ci rendemmo al Campo, caricammo a bordo le bombe e pompammo a mano la benzina dai fusti, i motoristi provarono i motori e attendemmo gli Ufficiali. Il tempo era magnifico, il cielo di un blu purissimo, ed i 2300 metri d'altezza di Asmara mitigavano il torrido sole d'Africa. Arrivarono gli Ufficiali che dettero l'ordine di mettere in moto. Si appartarono, spiegarono la carta su di un supporto di fortuna e la studiarono, i loro visi erano molto seri.

Decollammo. Nell'apparecchio di destra c'era il Tenente Nicoletti e il Sergente Belcaro, in quello di sinistra l'Ufficiale e il Sergente Dichiano. Noi avevamo un Capitano Osservatore. Non ricordo alcun altro nome. Arrivati sopra Agorat facemmo qualche giro per attendere due CR 42 che decollavano da quell'Aeroporto per scortarci. Riprendemmo la nostra rotta, quota 900 metri, i due caccia erano a 2000 metri sopra di noi, ma non arrivammo sull'obbiettivo. Poco dopo l'Ufficiale Osservatore si precipitò, incastrò la sua corpulenza fra noi due piloti e fece segno al Tenente di guardare giù a sinistra. Passò qualche istante e una nutrita raffica di traccianti, dal basso passò davanti a noi, qualche istante ancora e vidi sfrecciare le sagome di due « Hurricane ». Nella mia testa sorse istintiva un’ idea: « Questa volta è la fine ». ma questa fine non mi spaventava, non c'era nessuno che mi avrebbe pian/o, avevo così voluto per perseguire libero la mia passione per l'Aviazione. Il Tenente fece sganciare, riprese i comandi e virò per tornare indietro. Gli Hurricane ci attaccarono in coda, il Caproni di sinistra precipitò in fiamme, quello di destra colpito, picchio da matto e sparì. Il Tenente Pasetto picchiò un po' ed io tirai a fondo le manette del gas, guardai la lancetta del tachimetro che avanzava ma a 175 Kmh. si fermò, il Capitano Osservatore si avvicinò a noi e ci fece vedere un polpaccio squarciato. Eravamo rimasti soli, ma il nostro marconista era bravo, sparava con la Lewis e cambiava i caricatori a velocità disperata. Gli « Hurricane » ripassarono all'attacco, centrarono i serbatoi, che nel "Ca 133" erano attaccati al soffitto della carlinga, ne uscì un fiotto di benzina che inzuppò il motorista. Inondò il pavimento e uscì dai portelloni e da tutti i buchi che trovò. Per miracolo non ci fu incendio. L'ultimo attacco fu terribile, gli « Hurricane . volevano la vittoria sul vecchio Caproni che volava ancora, la raffica c'investì un po' sulla destra, dalla mia parte, vidi passare vicinissime le traccianti, sentii attorno a me l'impatto dei proiettili sulle parti metalliche dell'apparecchio, mi rannicchiai sul seggiolino per ridurre il bersaglio e attesi i colpi nella schiena. Poi, quasi con stupefazione subentrò la calma. Se ne erano andati. La nostra scorta era intervenuta, ma gli « Hurricane » più veloci, desistettero.

Planammo verso Agordat, il motore destro colpito si arrestò, le ruote erano bucate e il Caproni atterrò sui cerchioni con un rumore di ferraglia. Scendemmo, la paura era stata grande, il motorista raccolse un pugno di terra ed alzandolo in alto gridò: « Ragazzi, questa è terra, questa è terra! », Quasi subito atterrò anche il Tenente Nicoletti ed arrivò un'ambulanza che raccolse i feriti. Ma ai compagni avevo una domanda da fare: durante l'attacco per un momento avevo visto in basso un punto molto luminoso che scendeva lentamente, che cosa era? La risposta fu penosa. Era uno specialista dell'apparecchio incendiato che si era anche lui inzuppato di benzina e lanciandosi aveva preso fuoco, bruciando, scendeva lentamente appeso al paracadute.

Ritornammo a Dessié via terra, ma la 18° Squadriglia non aveva più alcun apparecchio. Con essa finiva anche la mia vita di pilota.

Il destino conduce il volente, trascina il non volente.

(Ducunt volentem fata, nolentem trahunt).

Il destino mi aveva condotto attraverso tanti ostacoli e tante difficoltà fino alla mèta e mi aveva conservato la vita.


Romolo Ballestra